CENTRO NAZIONALE DI RILEVANTE INTERESSE PER LA DANZA VIRGILIO SIENI
ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI NEW DELHI
VIRGILIO SIENI / FRANCO LA CECLA / ANDREA ANASTASIO
GITANJALI
IL GIARDINO DELLA DANZA
2-12 APRILE 2024
NEW DELHI, INDIA

Quando a notte vado sola al mio convegno d’amore, gli uccelli non cantano, il vento non soffia, le case ai lati della strada sono silenziose. Sono i miei bracciali che risuonano a ogni passo. e io sono piena di vergogna. Quando siedo al balcone e ascolto per sentire i suoi passi, le foglie non stormiscono sui rami. E l’acqua del fiume è immobile come la spada sulle ginocchia di una sentinella addormentata.
Tagore, Gitanjali – Il giardiniere

Il giardino nella tradizione Moghul e nelle influenze persiane sulla cultura dell’India è stato da sempre centrale nell’immaginario che va dalle rappresentazioni della vita di corte all’iconografia sacra fino alle danze nei film di Bollywood. È la cornice privilegiata della danza, con le sue fontane, le sue piante tropicali, i pavoni, i musicisti. E’ la rappresentazione del Paradiso e del Giardino delle Delizie al tempo stesso. Delhi, nonostante la sua dimensione attuale e l’inquinamento, rimane una città dove gli orti botanici, i viali, i giardini pubblici e privati che circondano lo splendore dei monumenti Moghul hanno una presenza rassicurante e risanante.

Riprendere la tradizione del “giardiniere”, e del senso dell’espressione Gitanjali che è quello di dono e offerta di canti significa cercare di interpretare l’unicità di poesia, musica e movimento che è presente in tutta la tradizione indiana della danza. Il grande poeta, scrittore, sceneggiatore Rabindranath Tagore, autore della collezione “Gitanjiali e il Giardiniere” fondatore a Shantiniketan della scuole a cui si sono formati i grandi padri dell’India moderna, da Jarawal Nerhu al regista Satyajit Rai fino al premio Nobel Amartya Sen, è stato un danzatore e un coreografo lui stesso.

Con Virgilio Sieni vogliamo esplorare quanto oggi di questo tipo di sensibilità si esprime nelle nuove generazioni della danza nel subcontinente. L’idea è di far nascere da incontri e pratiche con danzatori indiani e giardinieri un discorso che si apra alla composizione della sensibilità visuale, le rappresentazioni della natura e del giardino stesso, le figure maschili e femminili che vi sono presenti, il ritmo, la scansione delle emozioni nei gesti del corpo, delle mani e dei piedi. Il progetto si articolerà in laboratori nell’ambito delle attività dell’Istituto Italiano di Cultura e, a partire da questi momenti di interazione, nella produzione di azioni coreografiche individuali e corali in giardini storici, istituzioni museali e sedi istituzionali.

Il silenzio domina i gesti dell’abisso. Il giardino non è costruito, si apre spontaneo alle mille forme selvagge. Non ha una meta ma si trasforma nel suo sbocciare e proliferare. Si potrebbe dire che si dona in ogni stante una nuova vita. Il giardiniere interviene in silenzio e col silenzio. Il suo gesto resiste nel momento di determinare fratture e contrazioni. Il giardino tace e accoglie le possibilità indicibili della sua fioritura.

Il giardino non vuole, e si lascia agire. Il nostro scopo, le nostre azioni sono rivolte dunque all’ascolto, al fare con destrezza, al resistere non facendo. In questo atto il gesto esplora la tattilità: tocca e allo stesso tempo è toccato.

Si cercano restituzioni dai giardini, le strade, i margini della città: cose, arbusti, foglie, ramificazioni trovati e recuperati. Con questi scarti naturali nascono i movimenti di una danza inventata; prende vita il giardino. Una danza ridente e tragica, ondulante e vibrante. Ogni interprete è la guida del proprio giardino che nasce intorno a lui.

Si costruiscono essenze e tratti di giardino che confluiscono in una riflessione sulla città che ha le sembianze di un corpo cosmico: tutto si muove nello spazio dell’aura accogliente della tattilità e della vicinanza. Riflessi di luce su stoffe colorate originano i sentieri da percorrere e danzare.

Un gruppo di danzatrici, danzatori, cittadini di New Delhi insieme a Virgilio creano una sequenza di movimenti che diviene danza rituale tra il sole e il buio, tra la tenebra e la fioritura. Il corpo agisce partendo dai piani orizzontali che lo dispongono secondo dinamiche rotatorie e ondulanti: lente oscillazioni di un corpo terra che coltiva e dispone in gesti luminosi ed eterei.

Si cercano restituzioni dai giardini, le strade, i margini della città: cose, arbusti, foglie, ramificazioni trovati e recuperati. Con questi scarti naturali nascono i movimenti di una danza inventata; prende vita il giardino. Una danza ridente e tragica, ondulante e vibrante. Ogni interprete è la guida del proprio giardino che nasce intorno a lui.

Le vie che seguiremo sono la memoria del gesto nelle sue declinazioni rivolte al dialogo con lo spazio da abitare e sostare. I vari giardini, lentamente, ne formeranno uno unico, l’insieme dei tanti.

INFO E CONTATTI
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