CANGO/produzioni

Giulia Mureddu / Grave

Grave Giulia Mureddu@Jacopo Jenna 1

CREDITS

coreografia: Giulia Mureddu
interpreti : Kevin Stefani, Lucia Stefani, Valentina Stefani
durata: 25′
prima rappresentazione : Firenze, Cango, 10 giugno 2015
produzione: Cango Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza
 

SCHEDA

Sorreggere e venire sorretti è un evento dinamico con svolte sorprendenti e inaspettate, in continuo mutamento. Un nucleo familiare, piccola comunità in cui i ruoli sono stabiliti gerarchicamente, offre un terreno fertile per sperimentare e cambiare le dinamiche reciproche, contrastando la gravità aumentata dal carico dell’altro, mettendo alla prova la durata e i meccanismi della sopportazione, attivando dinamiche di equilibrio e contrappeso.

L’esposizione del corpo a un processo reale dà origine al movimento e ne determina anche l’esito.
Grave: studio sul peso avvicina un nucleo familiare ‘dilettante’ a un uso conscio degli arti, del peso e dello spazio, in un continuo gioco di interrelazioni. Ma proprio poiché il punto di partenza è l’umano nella sua ovvietà, il movimento sconfina facilmente nel gesto non codificato, colorandosi di sfumature bizzarre, quasi grottesche e allo stesso tempo fragili.

RASSEGNA STAMPA

 

Due donne e un bambino sono i performer scelti da Giulia Mureddu in Grave: studio sul peso, nel quale il semplice gesto del reciproco sorreggersi è capace di rivelare dinamiche emotive profondissime, inaspettate sia per lo spettatore che per i danzatori.

Alessandro Iachino, “teatroecritica.net”, 18 giugno 2015

 

Nel quadrato di Mureddu attorno a una sedia si muovono una madre, una adolescente e un bambino, con corse di quest’ultimo che esegue i comandi della giovane, gattonando e girando intorno, poi sedendosi e iniziando, insieme, un poetico intreccio di semplici dinamiche fisiche reciproche. Avviano una serie di interrelazioni in cui si sorregge l’altro e si è sorretti, accompagnati e allontanati, scompaginati e riuniti posizionando l’uno dell’altro gambe braccia busti, con il bambino che, spensierato, gioca poi sui loro corpi con macchinette; quindi prendendosi per mano e riposizionando la sedia in nuove gerarchie famigliari.

Giuseppe Distefano, “Il Sole 24 Ore”, 17 giugno 201